Un giorno di reclami in radio

Siamo stati un giorno in radio. A dire il vero poco più di un’ora. E questo è quello che è saltato fuori dal cilindro, oltre alle risate, smorfie e bei momenti.

Ufficio Reclami

Scrivere è la passione di papà, cucire quella di mamma, ma il vero oratore è Peter con le sue poesie dittongate e poi sbalusate — dal bolognese: pronunciate in modo strano.

Tutti e tre siamo stati invitati dall’amico radiofonico Massimo Vitali a fare quattro chiacchiere sulla nostra nuova avventura da genitori.

Il programma radiofonico si chiama Ufficio Reclami e come intuirebbe anche Peter, basa il suo palinsesto sulla più antica forma di trasmissione orale dell’epico umarel: il Reclamo.
Non siamo una famiglia lamentosa, non rimuginiamo borbottando né emettiamo suoni tipo lumache avvilite. Piuttosto un bel reclamo su carta intestata Dandy Family o PEC; e anche se nessun ci ascolta almeno abbiamo un bel ricordo.

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Cosa ci hanno chiesto? Di reclamare i nostri dissensi quotidiani.
Cosa abbiamo risposto? Ecco la nostra lista:

Reclamo#1
CREME COL PASSAMONTAGNA

Ogni mattina, in zona pronto soccorso ginecologico, un papà si sveglia, esausto ma felice, sapendo che dovrà correre a comperare la crema chiesta da mamma per il neonato.
Ogni mattina, nella farmacia limitrofa, un esercente sa che dovrà vendere un kit di creme inestimabili al prossimo pollo ubriaco d’amore paterno.
Il mio primo acquisto da papà è stato questo: un set di flaconi parafarmaceutici da rapina.

Reclamo#2
PIZZE IN FACCIA

Tutti subito immaginando una colluttazione, una diatriba, una rissa, ma ahimè alludiamo a qualcosa di ben più terribile, inaffrontabile, avvilente.
Pizzicotti, carezzine e simitoni — dal bolognese: smancerie — da parte di passanti sconosciuti, solitamente nonni o zii di sfortunati bambini, che complimentandosi per il risultato del nostro amore stropicciano .
Ci è stato dato un ottimo consiglio contro questa piaga: agguantare le guance dell’importunatore con la stessa fastidiosità e stringere finche non capisce. Dove non arriva l’empatia, ci pensano le manaccie.

Reclamo#3
AMIG, FATTI ‘LI RAZZI TUA

— “Ma perché piange?”
— “Ha fame?”
— “Lo stai ancora allattando al seno? Ah no?? E perché???”
Tutta una serie di domande che non faresti neanche al tuo primo incontro con un alieno. Non è che non apprezziamo l’interessamento, sia chiaro, ma se veramente vuoi esserci utile, ti aspettiamo sabato pomeriggio a fare da babysitter a Peter per un paio di ore.

Reclamo#4
UN FASCIATOIO IN DISCOTECA

In realtà ci basterebbe trovarlo in tutti i ristoranti, bar e musei; luoghi che sicuramente frequentiamo di più. Non ci si può lamentare di Bologna, tra le città più baby friendly d’Italia, però, se vogliamo trovare il pelo nell’uovo, due o tre posticini carini dove ti abbaiano quando entri con il passeggino li abbiamo trovati. Onde evitare denunce, scriveteci in privato se volete saperne di più : – )

Reclamo#5
DOWN SHIFTING  

Irene Grandi lo diceva negli anni ’90 e aveva già capito tutto.
Più che un reclamo, vogliamo dare un consiglio a noi stessi: dedichiamo più tempo alle cose che amiamo e che ci fanno stare profondamente bene: la nostra famiglia, gli amici, le nostre passioni. Sottraiamo impegni professionali e burocratici. Siamo diventati epicurei?
Forse sì, e magari riducendo qualche spesa superflua e adottando uno stile di vita più naturale, moderato e conscio, ne usciremo fuori felici e contenti.

Dopo questa posso farmi una tisana allo zenzero e dormire sonni tranquilli.

Se invece non siete ancora stanchi, leggetevi questo.

 

Ritratto di famiglia

DD family

In passato, quando Guelfi e Ghibellini si affrontavano per la supremazia, soleva farsi ritrarre in trittico: padre, madre e primogenito. Tutti espressivamente apatici e magari accompagnati da ermellino vivo o impellicciato. Forse la nascita di un figlio era vissuta alla stregua di una grande battaglia, un evento da immortalare.

Ora i tempi sono cambiati: fighetti e tamarri, pensionati e stagisti, tronisti e youtuber sono le nuove gang che si affrontano. Quindi il nostro desiderio di essere fissati indelebilmente in un ritratto di famiglia può sembrare anacronistico, ma in fondo è solo un’alternativa simpatica al classico selfie.
Da adottare anche come soluzione alla paura delle foto di minori in rete, come racconta questo vecchio post.

Non abbiamo dovuto fare le belle statuine per ore, grande vantaggio della modernità. Basta inviare una foto alla persona giusta, poi ci pensa la sua mano carismatica e l’Adobe. Vero, non sarà un olio su tela, ma per noi rimane un bel ricordo, magari un giorno ci facciamo le magliette.

Ringraziando la bravissima illustratrice ed amica Silvia Bettini, che per nascondere la sua identità come Superman si fa chiamare Insalata Illustrata, inauguriamo oggi la nostra serie di Faccine Colorate.

P.S.

Mi hanno detto che si chiamano avatar. Ma a me non sembrano così blu, occhi sballati e naso da pugile. Quindi continuerò a chiamarle Faccine Colorate : – )

Il primo ascolto musicale, tutto ha inizio qui

primo ascolto musicale

Finalmente si parla di musica.
Del primo ascolto melodico di un bimbo quando ancora è dentro la pancia della mamma. Qualcosa di unico, che a pensarci, ancora oggi, mi fa scorrere i brividini lungo la schiena.
Chiaro, per un musicista è molto facile, bon-ci bon-ci bo-bo-bon.

Ma anche se siete degli ingegneri o dei pallanuotisti, pensate a quante migliaia, milioni, miliardi di canzoni avete ascoltato fino ad ora. Spotify esploderebbe.
La prima di quest’anno ce l’avete in mente?
E la prima che vi ricordate da quando siete bimbi??
Ma il primo ascolto musicale in assoluto della vostra vita, vi rendete conto cosa sia???

Ok, sto esagerando.
Però se fondo in un unico pensiero le due mie più grandi passioni, mio figlio e la musica, vado in loop, è come unire i puntini dall’uno all’infinito.

La nostra idea

Beh, pensandoci e ripensandoci, nelle primissime notti in dolce attesa, ci siamo inventati il modo per evitare che Peter in futuro ascolti Holly, Benji e Fedez.

Esiste una cuffia speciale che solo i DJ più tamarri, borazzi e cavalcapiste possiedono. Si chiama doccia. O mono.
Ovviamente se cercate su Google “cuffia doccia” rimarrete delusi.
Chissà se l’inventore aveva pensato anche a questo utilizzo. Si potrebbe chiamarlo e fare il business prenatal.
Ad ogni modo il gioco è semplice:
1. Scartare la cuffia dal suo involucro protettivo, tipo condom
2. Inserire lo spinotto, detto jack, nella foro, detto porta, degli auricolari
2b. Eventualmente acquistare non su Amazon un adattatore jack grande – jack piccolo (tutta la famiglia Jack insomma)
3. Adagiare dolcemente la cuffia sulla pancia della mamma, sa poi lei dove metterla
4. Riprodurre la musica in modalità Repeat 1 (sentirete che scalcia quando gli piace il pezzo)
5. Addormentarvi tutti insieme accoccolati

La scelta del brano non è banale.
Musica distensiva, rilassante e avvolgente come il mare, il mio consiglio.
Ma magari volete crescere un torello, quindi AC/DC, Eminem, Chemical Brothers vanno tutti bene. Il figlio è vostro, sappiate che gli state dando il primo assaggio della più dolce forma di comunicazione che l’uomo abbia mai creato.

Volete sapere cosa ho fatto sentire, solo ed esclusivamente, a mio figlio per i suoi primi 9 mesi di vita?

ECCO LA RISPOSTA

A questo ed altro serve un papà. Per esempio? LEGGI QUA

Chi ha paura della rete?

thug life peter

Masha lancia un’idea, mi piace subito.
Troviamo un nome, un dominio e tanti spunti per iniziare a scrivere.
Dai, si parte, carichi: primo post, prima foto, primo grande dubbio.
Ma è giusto pubblicare le foto del mio ciccio, minorenne, indifeso, che riposa aggomitolato sul lettino??

Google parla chiaro.
6.750.000 risultati di allerta sulla pubblicazione di foto di minorenni online.
Eppure Facebook, Instagram e Internet ne sono strapieni.
Subito dopo #cat, #baby è un hashtag di spicco da 120 milioni di post.

Son tutti matti quelli che postano foto dei propri figli?

Fino a ieri, dalla mia scrivania di un’azienda di informatica specializzata in web e sicurezza, ammonivo ogni social—mamma o social—babbo.
Ero il Moralizzatore.
In generale, condividere la propria vita in rete mi ha sempre lasciato perplesso. Un buon inizio per scrivere un blog : – )
Ora però devo capire meglio, prima di auto – moralizzarmi.
Parlarne con gente che sa il fatto suo: amica magistrato, mamma poliziotto, blogger californiana. Leggere mille articoli di mamme che sono chilometri più avanti di me, lo riconosco. Ma io sono Fox Molder e voglio andare fino in fondo.
Alla fine che cosa ho scoperto?

Domanda ingenua: ah ma il mio blog non lo leggono solo bravi papà e mamme con la voglia di condividere la più grande delle passioni?

Risposta cinica: no. Le foto di mio figlio verranno viste, scaricate, mercificate da orchi di tutto il mondo come nelle peggiori serie criminali di Netflix.

Conclusione: 
non sottovaluterò il rischio, né smetterò di scrivere ancor prima di avere iniziato. Cercherò però di usare tutta la fantasia in possesso per proteggere la mia famiglia dal male invisibile.

Le mie regole del gioco:
1. niente foto in costume da bagno (per vs sfortuna vale solo per Peter)
2. niente cognomi o dati personali reali
3. niente foto di gruppo per non coinvolgere altri bambini
4. filtri a manetta per modificare le foto in maniera simpatica
5. macro e inquadrature storte per foto più emotive e meno realistiche
6. se necessario userò la maschera del lottatore messicano Rey Mysterio
7. smetterò di fare il Moralizzatore

Cosa ho letto:
Lacasanellaprateria.com
Foto dei Bambini Online: Perché NON ho Paura
link

Machedavvero.it
Perché non metto foto di mia figlia online
link

Partenopol.it 
Pubblicare le foto dei bambini su Facebook: i Rischi
link

Il cielo sotto Colonia

Colonia, 18 Agosto 2017.
Peter, 10 Maggio 2017, 3 mesi e 8 giorni.
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Il nostro primo viaggio insieme, alla ricerca del fresco, nasce con la scusa di essere i più giovani testimoni di un matrimonio tedesco.
Peter non ricorderà nulla, ma si porterà dentro il profumo di wrustel al curry e dei prati di giunchiglia.