Un parco al giorno

Un giorno al parco ho visto cose che non avevo mai visto prima. Ho deciso quindi di visitare assieme a Peter un parco al giorno.
In ogni parco abbiamo conosciuto personaggi, oltre che persone, eccone alcuni.

Il sorridentissimo

Il nuovo amico di Peter è un bambino orientale dal piumino rosso. Il nome non si sa. Lui si è presentato una volta sola e noi, per non sembrare maleducati, non abbiamo chiesto il bis. Chiamiamolo bimbo. Ci abbraccia subito entrambi, è morbido e di una dolcezza lontana. Siamo un italiano, un bielorusso e un cinese: che la barzelletta abbia inizio.
Il padre, sorridentissimo, lo tiene per mano, mentre con l’altra fuma la sigaretta, il filtro e le unghie, come fosse l’ultima del pacchetto. Si volta, mi sorride e butta la cicca per terra, vicino a Peter.
Pover’uomo, non sa cosa ha fatto. Io sono un moralizzatore vecchia scuola. Con il sorriso della Vivident, raccolgo la sigaretta, gliela mostro e la butto nel cestino.
Mezzogiorno di Fuoco. La Sfida. Grosso Pacco a China Town.
Lui mi guarda e ride, con i muscoli rilassati e un’espressione di bontà, come se mi volesse dire: “Scusa, ho sbagliato, non lo farò più.” E così estingue il mio incendio di polemica che era pronto a divampargli addosso.
Il fumo sottile e debole di una sigaretta spenta male serpeggia dal bidone dietro di noi. “Vieni Peter andiamo a controllare”.

Uno, dieci, cento accenti

A costo di essere radiato da ogni gruppo Facebook materno, voglio essere subito onesto: mi ricordo bene la mamma, meno il bambino. Probabilmente era anche un bel bambino, vista la mamma.
Il piccolo è sul dondolo e lei lo spinge con grinta. A poche spinte dal giro completo dell’altalena il telefono della mamma squilla. Non fosse mai successo. Io e Peter rimaniamo rapiti da un tango di parole, un dolce cantilenare che sulle lettere doppie mette i brividi anche ai piccioni del parco. Era da tanto che non sentivamo parlare in argentino.

Il medio italiano

Un uomo sulla cinquantina entra lentamente. Cinquant’anni e cinque figli [cit.] di cui due sono qui con noi al parco. Peter è già uno di loro, rimane immobile a guardarli per un minuto intero, senza scollarsi dal quadrato gommoso dell’area giochi.
Accartocciato sulla panchina, ci sono io. Dopo una giornata di chiacchiere, penso. Ogni tanto va fatto, anche solo per stare zitti qualche minuto. Penso che se avessi cinquant’anni, forse, farei più fatica a ciondolare tutto il giorno con Peter, fisicamente e psicologicamente. Meglio che ritorni a chiacchierare.

Arrivano i rinforzi

Ormai non c’è più nessuno, è ora di cena. Andiamo a controllare, buca per buca, che non sia rimasto nemmeno un amico con cui fare un ultimo gioco.
Sul castello di legno però qualcosa si muove ancora.  Peter corre a testa bassa verso quella direzione, fiutando l’odore di bimbo . Vediamo quattro caviglie senza calzini. Saranno due bambini abbandonati, chiamo subito la centrale per i rinforzi.
Peter sale dallo scivolo, lui è un duro. Io controllo dal retro, ho un po’ di fifa. Siamo due poliziotti in azione senza walkie talkie. Aggiriamo il nemico, non facciamo prigionieri, però qualcuno lo arrestiamo.
“Hey capo, vedi qualcosa?” chiedo a Peter, ormai con accento di Chicago.
“Un bambino e una bambina.” risponde al volo, poi corregge il tiro “La bambina però ha almeno vent’anni.” e scuote la testa.
“Ma no Peter, quella è la mamma!” gli ribatto, e vista la presenza di un adulto, per giunta femmina, mi ricompongo subito.
Una mamma e un bambino seduti sui piani alti di un castello di legno. La mamma, giovane come diceva Peter, ha i pantaloni neri a righe bianche sottili che le arrivano poco sopra le caviglie, e una camicia bianca abbondante che la impacchetta per bene. Tira aria di fashion blogger.
Il bimbo ha una concessionaria di macchinine, ma anche un bel sorriso e voglia di giocare con noi.
Una mamma bambina che si nasconde nel castello e un bimbo vivace e altruista. Non si può non continuare ad indagare su questi due.
Così io e il mio detective Peter scopriamo che la mamma è russa, quasi come noi che siamo bielorussi. Il bimbo italorusso, invece, va all’asilo dove insegna la zia di Peter, alias mia sorella. Ora sì che sono arrivati i rinforzi.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *